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Cristina COMENCINI regista - scrittrice SITO UFFICIALE |
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Ho sempre pensato di scrivere per il teatro. La mia esperienza di lavoro mi ha fatto riflettere sulle distanze e le vicinanze tra le parole del cinema, della letteratura, del teatro, sulla possibile contaminazione tra queste diverse forme di drammaturgia. I registi di cinema, gli scrittori italiani si incontrano sempre più spesso, usano i loro diversi strumenti per arricchire le forme e i contenuti del racconto. Penso che questo sia possibile anche per il teatro. Non ho mai creduto che la collaborazione tra le diverse drammaturgie potesse ridurle o omologarle. In tutti paesi in cui il cinema è vivo, il teatro e la letteratura sono vitali, si scrivono testi nuovi, gli attori di cinema e di teatro frequentano alternativamente il palcoscenico e il set. Iniziando a scrivere la commedia, ho chiesto aiuto a un mio nume tutelare, Natalia Ginzburg, che mi aiutò molti anni fa a pubblicare il mio primo romanzo. Ho preso la sua prima perfetta commedia "Ti ho sposato per allegria", l'ho messa accanto ai fogli bianchi, sperando che lo spirito anticonformista e ribelle che la animava possa abitare anche la mia. DUE PARTITE Anni sessanta, quattro donne giocano a carte in una casa. Ogni giovedì, da molti anni, si riuniscono per fare una partita, chiacchierare, passare il pomeriggio. Portano con sé le loro bambine che giocano nella stanza accanto. Nessuna di loro lavora, fanno le madri, le mogli, si conoscono da molto tempo. Una di loro è incinta del primo bambino. Durante il primo atto della commedia vediamo intrecciarsi le loro storie tra comicità e emozioni, il tutto scandito dai primi dolori della partoriente: il tema più forte, quello della maternità, dei vari modi d'intenderla E la fine del primo si chiude con una nascita: il palcoscenico deserto, le carte abbandonate sul tavolo verde, le voci trafelate delle donne fuori scena. Secondo atto oggi; quattro donne s'incontrano in un'altra casa, sono vestite di scuro. Si sono riunite dopo il funerale di una delle loro madri che si è suicidata. Capiamo che sono quelle bambine che nel primo atto giocavano nella stanza accanto. A poco a poco le colleghiamo una dopo l'altra alle madri. Qualche volta per rassomiglianza, qualche volta per assoluto Contrasto. Due epoche, due modi di essere donne. Sono più felici queste donne, più realizzate? A tratti pare essersi spezzata una catena, meglio o peggio, chi lo sa? Inevitabile. Ma l'identità stessa femminile sembra a tutte loro qualcosa di indefinibile e - perciò perennemente a rischio, oggi come ieri. Una specie di energia, di follia che non vuole farsi disarmare, che risorge sempre dalla morte per dare la vita.
Cristina Comencini |
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