Rigoletto
Opera
in tre atti
Musica di Giuseppe Verdi
Libretto di Francesco Maria
Piave
Il Duca di Mantova, Tenore
Rigoletto, buffone di Corte,
Baritono
Gilda, figlia di Rigoletto,
Soprano
Sparafucile, bravo, basso
Maddalena, sua sorella,
contralto
Giovanna, custode di Gilda,
mezzosoprano
Il Conte di Monterone,
baritono
Marullo, cavaliere, baritono
Matteo Borsa,
cortigiano,tenore
Il Conte di Ceprano, basso
La Contessa, sua sposa,
Mezzosoprano
Usciere di Corte, Basso
Paggio della Duchessa,
Mezzosoprano
Cavalieri, Dame, Paggi,
Alabardieri.
La scena si finge nella
città di Mantova e suoi
dintorni.
Epoca, il secolo XVI.
Atto I
Atto II
Atto III
Atto Primo
Scena I
Sala magnifica nel palazzo
ducale,
con porte nel fondo che
mettono ad altre sale,
pure splendidamente
illuminate.
Folla di Cavalieri e Dame
che passeggiano nelle sale
del fondo -
Paggi che vanno e vengono -
Nelle sale in fondo si vedrà
ballare.
Da una delle sale vengono
parlando fra loro il Duca e
Borsa.
DUCA:
Della mia bella incognita
borghese
Toccare il fin
dell'avventura io voglio.
BORSA:
Di quella giovin che vedete
al tempio?
DUCA:
Da tre mesi ogni festa.
BORSA:
La sua dimora?
DUCA:
In un remoto calle;
Misterioso un uom v'entra
ogni notte.
BORSA:
E sa colei chi sia l'amante
suo?
DUCA:
Lo ignora.
(Un gruppo di dame e
cavalieri attraversano la
sala)
BORSA:
Quante beltà!... Mirate.
DUCA:
Le vince tutte di Cepran la
sposa.
BORSA:
Non v'oda il conte, o
Duca...
DUCA:
A me che importa?
BORSA:
Dirlo ad altra ei potria...
DUCA:
Né sventura per me certo
saria.
Questa o quella per me pari
sono
a quant'altre d'intorno,
d'intorno mi vedo;
del mio core l'impero non
cedo
meglio ad una che ad altra
beltà.
La costoro avvenenza è qual
dono
di che il fato ne infiora la
vita;
s'oggi questa mi torna
gradita,
forse un'altra, forse
un'altra doman lo sarà,
un'altra, forse un'altra
doman lo sarà.
La costanza, tiranna del
core,
detestiamo qual morbo, qual
morbo crudele;
sol chi vuole si serbe
fidele;
non v'ha amor, se non v'è
libertà.
De' mariti il geloso furore,
degli amanti le smanie
derido;
anco d'Argo i cent'occhi
disfido
se mi punge, se mi punge una
qualche beltà,
se mi punge una qualche
beltà.
Scena II
Detti, il Conte di Ceprano
che segue da lungi
la sua sposa servita da
altro Cavaliere.
Dame e Signori entrano da
varie parti.
DUCA:
(alla Contessa di Ceprano
movendo
ad incontrarla con molta
galanteria)
Partite?... crudele!...
CONTESSA DI CEPRANO:
Seguire lo sposo
m'è forza a Ceprano.
DUCA:
Ma dee luminoso
in Corte tal astro qual sole
brillare.
Per voi qui ciascuno dovrà
palpitare.
Per voi già possente la
fiamma d'amore
(con enfasi baciandole la
mano)
inebria, conquide,
distrugge il mio core.
CONTESSA DI CEPRANO:
Calmatevi...
DUCA:
La fiamma d'amore
inebria, conquide, distrugge
il mio core.
CONTESSA DI CEPRANO:
Calmatevi, calmatevi...
DUCA:
Per voi già possente la
fiamma d'amore
inebria, conquide,
(dà il braccio alla
Contessa ed esce con lei)
distrugge il mio core.
Scena III
Detti e Rigoletto, che
s'incontra
nel signor di Ceprano; poi
Cortigiani
RIGOLETTO:
(al Conte Ceprano)
In testa che avete,
signor di Ceprano?
(Ceprano fa un gesto
d'impazienza e segue il
Duca)
RIGOLETTO:
(ai Cortigiani)
Ei sbuffa! Vedete?
CORO:
Che festa!
RIGOLETTO:
Oh sì!..
BORSA:
Il Duca qui pur si
diverte!...
RIGOLETTO:
Così non è sempre? Che nuove
scoperte!
Il giuoco ed il vino, le
feste, la danza,
battaglie, conviti, ben
tutto gli sta.
Or della Contessa l'assedio
egli avanza,
(ridendo)
e intanto il marito
fremendo ne va.
(esce)
Scena IV
Detti e Marullo
MARULLO:
(entra premuroso)
Gran nuova! Gran nuova!
BORSA:
Che avvenne? parlate!
MARULLO:
Stupir ne dovrete...
BORSA:
Narrate, narrate...
MARULLO:
(ridendo)
Ah, ah!... Rigoletto...
BORSA:
Ebben?
MARULLO:
Caso enorme!...
BORSA:
Perduto ha la gobba? non è
più difforme?
MARULLO:
Più strana è la cosa!
(con gravità)
Il pazzo possiede...
BORSA:
(con sorpresa)
Infine?
MARULLO:
Un'amante!
BORSA:
(con sorpresa)
Un'amante! Chi il crede?
MARULLO:
Il gobbo in Cupido or s'è
trasformato...
BORSA:
Quel mostro? Cupido!
BORSA, MARULLO:
Cupido beato!
Scena V
Detti e il Duca, seguito da
Rigoletto, poi da Ceprano
DUCA:
(a Rigoletto)
Ah, più di Ceprano
importuno non v'è...
La cara sua sposa è un
angiol per me!
RIGOLETTO:
Rapitela.
DUCA:
È detto; ma il farlo?
RIGOLETTO:
Sta sera.
DUCA:
Non pensi tu al conte?
RIGOLETTO:
Non c'è la prigione?
DUCA:
Ah no.
RIGOLETTO:
Ebben... s'esilia.
DUCA:
Nemmeno, buffone.
RIGOLETTO:
Allora...
(indicando di farla
tagliare)
allora la testa...
CONTE DI CEPRANO:
(Oh l'anima nera!)
DUCA:
(battendo colla mano una
spalla al Conte)
Che dì, questa testa?...
RIGOLETTO:
È ben naturale!
Che far di tal testa? A cosa
ella vale?
CONTE DI CEPRANO:
(infuriato brandendo la
spada)
Marrano!
DUCA:
(a Ceprano)
Fermate!
RIGOLETTO:
Da rider mi fa.
MARULLO:
In furia è montato!
DUCA:
(a Rigoletto)
Buffone, vien qua.
BORSA:
In furia è montato!
MARULLO:
In furia è montato!
CORO:
In furia è montato!
DUCA:
Ah sempre tu spingi
lo scherzo all'estremo.
CONTE DI CEPRANO:
(a Cortigiani)
Vendetta del pazzo!
Contr'esso un rancore di noi
chi non ha?
RIGOLETTO:
Che coglier mi puote? Di
loro non temo.
DUCA:
Quell'ira che sfidi,
colpir... ti potrà...
CONTE DI CEPRANO:
Vendetta! In armi chi ha
core
BORSA, MARULLO
Ma come?
RIGOLETTO:
Del duca il protetto
nessun... toccherà.
CONTE DI CEPRANO:
doman sia da me. A notte.
BORSA, Marullo:
Sì. Sarà.
DUCA:
Ah sempre tu spingi
RIGOLETTO:
Che coglier mi puote? Di
loro non temo,
BORSA, MARULLO, CONTE di
CEPRANO:
Vendetta del pazzo!
Contr'esso un rancore
DUCA:
Lo scherzo all'estremo,
RIGOLETTO:
Del duca il protetto nessun
toccherà, no, no,
BORSA, MARULLO, CONTE di
CEPRANO:
Pei tristi suoi modi di noi
chi non ha?
DUCA:
Ah sempre tu spingi lo
scherzo all'estremo,
RIGOLETTO:
Nessun, nessuno, nessun,
nessuno
CONTE DI CEPRANO:
Vendetta! vendetta!
BORSA, MARULLO
Vendetta! vendetta!
DUCA:
Quell'ira che sfidi,
quell'ira che sfidi, colpir
ti potrà.
RIGOLETTO:
nessun, nessuno
del duca il protetto,
nessuno toccherà.
CONTE DI CEPRANO:
Vendetta! Sta notte chi ha
core sia in armi da me.
BORSA, MARULLO:
Vendetta! sì! a notte sarà.
DUCA:
Ah sempre tu spingi
RIGOLETTO:
Che coglier mi puote? Di
loro non temo,
BORSA, MARULLO, CONTE DI
CEPRANO:
Vendetta del pazzo! Contr'esso
un rancore
DUCA:
Lo scherzo all'estremo,
RIGOLETTO:
Del duca il protetto nessun
toccherà, no, no,
BORSA, MARULLO, CONTE DI
CEPRANO:
pei tristi suoi modi di noi
chi non ha?
DUCA:
Ah sempre tu spingi lo
scherzo all'estremo,
RIGOLETTO:
Nessun, nessuno, nessun,
nessuno
CONTE DI CEPRANO:
Vendetta! vendetta!
BORSA, MARULLO
Vendetta! vendetta!
DUCA:
Quell'ira che sfidi,
quell'ira che sfidi, colpir
ti potrà.
RIGOLETTO:
Nessun, nessuno del duca il
protetto,
nessuno toccherà.
CONTE DI CEPRANO:
Vendetta!
sta notte chi ha core sia in
armi da me.
BORSA, MARULLO:
Vendetta! sì! a notte sarà.
BORSA:
Sì vendetta!
MARULLO:
Sì, vendetta!
CEPRANO:
Sì, vendetta!
(La folla dei danzatori
invade la sala)
DUCA, RIGOLETTO:
Tutto è gioja!
BORSA:
Sì vendetta!
MARULLO:
Sì, vendetta!
CEPRANO:
Sì, vendetta!
DUCA, RIGOLETTO:
Tutto è festa!
TUTTI:
Tutto è gioja, tutto è
festa;
tutto invitaci a godere!
Oh guardate, non par questa
or la reggia del piacere!
Oh guardate, non par questa,
oh guardate, non par questa
or la reggia del piacer!
Oh guardate, non par questa
or la reggia del piacer!
SCENA VI
Detti ed il Conte di
Monterone
MONTERONE:
(entro la scena)
Ch'io gli parli.
DUCA:
No!
MONTERONE:
(presentandosi)
Il voglio.
BORSA, RIGOLETTO, MARULLO,
CEPRANO:
Monterone!
MONTERONE:
(fissando il Duca con
nobile orgoglio)
Sì, Monteron... la voce
mia
qual tuono vi scuoterà
dovunque.
RIGOLETTO:
(al Duca contraffacendo
la voce di Monterone)
Ch'io gli parli.
(con caricatura)
Voi congiuraste,
voi congiuraste contro noi,
signore;
e noi, e noi, clementi in
vero, perdonammo...
Qual vi piglia or delirio, a
tutte l'ore
di vostra figlia a reclamar
l'onore?
MONTERONE:
(guardando Rigoletto con
ira sprezzante)
Novello insulto!
(al Duca)
Ah sì, a turbare, ah sì,
a turbare sarò vostr'orgie...
verrò a gridare fino a che
vegga restarsi inulto
di mia famiglia l'atroce
insulto;
e se al carnefice pur mi
darete.
spettro terribile mi
rivedrete,
portante in mano il teschio
mio,
vendetta a chiedere,
vendetta a chiedere al
mondo, al mondo, a Dio.
DUCA:
Non più, arrestatelo.
RIGOLETTO:
È matto!
BORSA, MARULLO, CEPRANO:
Quai detti!
MONTERONE:
(al Duca e Rigoletto)
Ah, siate entrambi voi
maledetti!
BORSA, CEPRANO, MARULLO:
Ah!
MONTERONE:
Slanciare il cane a leon
morente
è vile, o Duca... e tu,
serpente,
(a Rigoletto)
tu che d'un padre ridi
al dolore,
sii maledetto!
RIGOLETTO:
(da sè colpito)
(Che sento! orrore!)
DUCA, BORSA, CEPRANO,
MARULLO:
Oh tu che la festa audace
hai turbato,
da un genio d'inferno qui
fosti guidato;
RIGOLETTO:
(Orrore!)
DUCA, BORSA, CEPRANO,
MARULLO:
è vano ogni detto, di qua
t'allontana
va, trema, o vegliardo,
dell'ira sovranna
è vano ogni detto, di qua
t'allontana
va, trema, o vegliardo,
dell'ira sovrana
tu l'hai provocata, più
speme non v'è,
un'ora fatale fu questa per
te,
un'ora fatale fu questa per
te, fu questa per te,
(Monterone parte fra due
alabardieri,
tutti gli altri seguono il
Duca in altra stanza).
SCENA VII
L'estremità più deserta
d'una via cieca.
A sinistra una casa di
discreta apparenza
con una piccola corte
circondata da muro.
Nella corte un grosso ed
alto albero ed un sedile di
marmo;
nel muro una porta che mette
alla strada;
sopra il muro un terrazzo
praticabile, sostenuto da
arcate.
La porta del primo piano dà
sul detto terrazzo.
A destra della via è il muro
altissimo del giardino,
e un fianco del palazzo di
Ceprano. È notte.
Rigoletto chiuso nel suo
mantello. Sparafucile lo
segue,
portando sotto il mantello
una lunga spada.
RIGOLETTO:
(Quel vecchio maledivami!)
SPARAFUCILE:
Signor?...
RIGOLETTO:
Va, non ho niente.
SPARAFUCILE:
Né il chiesi... a Voi
presente
Un uom di spada sta.
RIGOLETTO:
Un ladro?
SPARAFUCILE:
Un uorn che libera
Per poco da un rivale,
E voi ne avete...
RIGOLETTO:
Quale?
SPARAFUCILE:
La vostra donna è là.
RIGOLETTO:
(Che sento!)
E quanto spendere
Per un signor dovrei?
SPARAFUCILE:
Prezzo maggior vorrei...
RIGOLETTO:
Com'usasi pagar?
SPARAFUCILE:
Una metà s'anticipa,
Il resto si dà poi...
RIGOLETTO:
(Dimonio!) E come puoi
Tanto securo oprar?
SPARAFUCILE:
Soglio in cittade uccidere.
Oppure nel mio tetto.
L'uomo di sera aspetto
Una stoccata, e muor.
RIGOLETTO:
E come in casa?
SPARAFUCILE:
È facile...
M'aiuta mia sorella...
Per le vie danza,.. è
bella...
Chi voglio attira... e allor...
RIGOLETTO:
Comprendo...
SPARAFUCILE:
Senza strepito...
È questo il mio stromento,
(mostra la spada)
Vi serve?
RIGOLETTO:
No... al momento...
SPARAFUCILE:
Peggio per voi...
RIGOLETTO:
Chi sa?...
SPARAFUCILE:
Sparafucil mi nomino...
RIGOLETTO:
Straniero?...
SPARAFUCILE:
Borgognone...
(Per andarsene.)
RIGOLETTO:
E dove all'occasione?...
SPARAFUCILE:
Qui sempre a sera.
RIGOLETTO:
Va.
(Sparafucile parte).
SCENA VIII
Rigoletto, guardando dietro
a Sparafucile
RIGOLETTO:
Pari siamo!... io la lingua,
egli ha il pugnale;
L'uomo son io che ride, ei
quel che spegne!...
Quel vecchio maledivami!...
O uomini!... o natura!...
Vil scellerato mi faceste
voi...!
Oh rabbia!... esser
difforme!... esser
buffone!...
Non dover, non poter altro
che ridere!...
Il retaggio d'ogni uom m'è
tolto... il pianto!...
Questo padrone mio,
Giovin, giocondo, sì
possente, bello,
Sonnecchiando mi dice:
Fa ch'io rida, buffone...
Forzarmi deggio, e farlo!...
Oh, dannazione!...
Odio a voi, cortigiani
schernitori!...
Quanta in mordervi ho
gioia!..
Se iniquo son, per cagion
vostra è solo...
Ma in altr'uom qui mi
cangio!...
Quel vecchio malediami!...
tal pensiero
Perché conturba ognor la
mente mia!.,.
Mi coglierà sventura?... Ah
no, è follia.
(Apre con chiave, ed
entra nel cortile.)
SCENA IX
Detto e Gilda ch'esce dalla
casa e si getta nelle sue
braccia.
RIGOLETTO:
Figlia...
GILDA:
Mio padre!
RIGOLETTO:
A te dappresso
Trova sol gioia il core
oppresso.
GILDA:
Oh quanto amore!
RIGOLETTO:
Mia vita sei!
Senza te in terra qual bene
avrei?
(Sospira)
GILDA:
Voi sospirate!... che v'ange
tanto?
Lo dite a questa povera
figlia...
Se v'ha mistero... per lei
sia franto...
Ch'ella conosca la sua
famiglia.
RIGOLETTO:
Tu non ne hai...
GILDA:
Qual nome avete?
RIGOLETTO:
A te che importa?
GILDA:
Se non volete
Di voi parlarmi...
RIGOLETTO:
Non uscir mai
(interrompendola)
GILDA:
Non vo' che al tempio.
RIGOLETTO:
Or ben tu fai.
GILDA:
Se non di voi, almen chi sia
Fate ch'io sappia la madre
mia.
RIGOLETTO:
Deh non parlare al misero
Del suo perduto bene...
Ella sentia, quell'angelo,
Pietà delle mie pene...
Solo, difforme, povero,
Per compassion mi amò,
Moria... le zolle coprano
Lievi quel capo amato...
Sola or tu resti al
misero...
O Dio, sii ringraziato!...
(Singhiozzando)
GILDA:
Quanto dolor!... che
spremere
Sì amaro pianto può?
Padre, non più, calmatevi...
Mi lacera tal vista...
Il nome vostro ditemi,
Il duol che sì v'attrista...
RIGOLETTO:
A che nomarmi?... è
inutile!...
Padre ti sono, e basti...
Me forse al mondo temono,
D'alcuno ho forse gli
asti...
Altri mi maledicono...
GILDA:
Patria, parenti, amici
Voi dunque non avete?
RIGOLETTO:
Patria!... parenti!...
dici?...
Culto, famiglia, patria,
(con effusione)
Il mio universo è in te!
GILDA:
Ah se può lieto rendervi,
Gioia è la vita a me!
Già da tre lune son qui
venuta,
Né la cittade ho ancor
veduta;
Se il concedete, farlo or
potrei...
RIGOLETTO:
Mai?... mai!... uscita,
dimmi unqua sei?
GILDA:
No.
RIGOLETTO:
Guai!
GILDA:
(Che dissi!)
RIGOLETTO:
Ben te ne guarda!
(Potrien seguirla, rapirla
ancora!
Qui d'un buffone si disonora
La figlia, e ridesi...
Orror!) Olà?
(Verso la casa)
SCENA X
Detti e Giovanna dalla casa.
GIOVANNA:
Signor!
RIGOLETTO:
Venendo, mi vede alcuno?
Bada, di' il vero...
GIOVANNA:
Ah no, nessuno.
RIGOLETTO:
Sta ben... la porta che dà
al bastione
È sempre chiusa?
GIOVANNA:
Lo fu e sarà.
RIGOLETTO:
Veglia, o donna, questo
fiore
(a Giovanna)
Che a te puro confidai
Veglia attenta, e non sia
mai
Che s'offuschi il suo
candor.
Tu dei venti dal furore
Ch 'altri fiori hanno
piegato
Lo difendi, e immacolato
Lo ridona al genitor
GILDA:
Quanto affetto!... quali
cure!
Che temete, padre mio?
Lassù in cielo, presso Dio
Veglia un angiol protettor.
Da noi stoglie le sventure
Di mia madre il priego
Santo;
Non fia mai divelto o
infranto
Questo a voi diletto fior.
SCENA XI
Detti ed il Duca in costume
borghese dalla strada.
RIGOLETTO:
Alcuno è fuori...
(Apre la porta della
corte e, mentre esce a
guardar sulla strada,
il Duca guizza furtivo nella
corte e si nasconde dietro
l'albero,
gettando a Giovanna una
borsa la fa tacere)
GILDA:
Cielo!
Sempre novel sospetto...
RIGOLETTO:
(a Gilda tornando)
Alla chiesa vi seguiva
mai nessuno?
GIOVANNA:
Mai.
DUCA:
(Rigoletto!)
RIGOLETTO:
Se talor qui picchiano
Guardatevi da aprir...
GIOVANNA:
Nemmeno al duca...
RIGOLETTO:
Meno che a tutti a lui...
Mia figlia addio.
DUCA:
(Sua figlia!)
GILDA:
Addio, mio Padre.
(S'abbracciano e
Rigoletto parte
chiudendosi dietro la porta)
SCENA XII
Gilda, Giovanna, il Duca
nella corte,
poi Ceprano e Borsa a tempo
sulla via.
GILDA:
Giovanna, ho dei rimorsi...
GIOVANNA
E perché mai?
GILDA:
Tacqui che un giovin ne
seguiva al tempio.
GIOVANNA:
Perché ciò dirgli?...
l'odiate dunque
Cotesto giovin, voi?
GILDA:
No, no, ché troppo è bello e
spira amore...
GIOVANNA:
E magnanimo sembra e gran
signore.
GILDA:
Signor né principe - io lo
vorrei;
Sento che povero - più
l'amerei.
Sognando o vigile - sempre
lo chiamo.
E l'alma in estasi - gli
dice t'a...
DUCA:
(esce improvviso, fa
cenno a Giovanna
d'andarsene,
e inginocchiandosi a' piedi
di Gilda termina la frase):
T'amo!
T'amo ripetilo - sì caro
accento,
Un puro schiudimi - ciel di
contento!
GILDA:
Giovanna?... Ahi misera!
-non v'è più alcuno
Che qui rispondami!... - Oh
Dio!... nessuno!...
DUCA:
Son io coll'anima - che ti
rispondo...
Ah due che s'amano - son
tutto un mondo!...
GILDA:
Chi mai, chi giungere - vi
fece a me?
DUCA:
S'angelo o demone - che
importa a te?
Io t'amo...
GILDA:
Uscitene.
DUCA:
Uscire!... adesso!...
Ora che accendene - un fuoco
istesso!...
Ah inseparabile - d'amore il
dio
Stringeva, o vergine, - tuo
fato al mio! -
È il sol dell'anima, - la
vita è amore,
Sua voce è il palpito - del
nostro core...
E fama e gloria, - potenza e
trono.
Terrene, fragili - cose qui
sono.
Una pur avvene - sola,
divina,
È amor che agli angeli - più
ne avvicina!
Adunque amiamoci, - donna
celeste,
D'invidia agli uomini - sarò
per te.
GILDA:
(Ah de' miei vergini - sogni
son queste
Le voci tenere - sì care a
me!)
DUCA:
Che m'ami, deh ripetimi...
GILDA:
L'udiste.
DUCA:
Oh me felice!
GILDA:
Il nome vostro ditemi...
Saperlo non mi lice?
CEPRANO:
Il loco è qui...
(A Borsa dalla via)
DUCA
(pensando):
Mi nomino...
BORSA:
Sta ben...
(A Ceprano e partono)
DUCA:
Gualtier Maldè...
Studente sono... povero...
GIOVANNA:
(tornando spaventata):
Romor di passi è
fuore...
GILDA:
Forse mio padre...
DUCA:
(Ah cogliere
Potessi il traditore
Che sì mi sturba!)
GILDA:
(a Giovanna):
Adducilo
Di qua al bastione... ite...
DUCA:
Di' m'amerai tu?...
GILDA:
E voi?
DUCA:
L'intera vita... poi...
GILDA:
Non più... non più...
partite...
A2:
Addio... speranza ed anima
Sol tu sarai per me.
Addio... vivrà immutabile
L'affetto mio per te.
(Il Duca entra in casa
scortato da Giovanna.
Gilda resta fissando la
porta ond'è partito)
SCENA XIII
Gilda
GILDA:
Gualtier Maldè!... nome di
lui sì amato,
Scolpisciti nel core
innamorato!
Caro nome che il mio cor
Festi primo palpitar,
Le delizie dell'amor
Mi dêi sempre rammentar!
Col pensiero il mio desir
A te ognora volerà,
E pur l'ultimo sospir,
Caro nome, tuo sarà.
(Entra in casa e
compariscce sul terrazzo con
una lucerna
per vedere ancora una volta
il creduto Gualtiero,
che si suppone partito
dall'altra parte)
SCENA XIV
Marullo, Ceprano, Borsa,
Cortigiani armati e
mascherati dalla via.
Gilda sul terrazzo che tosto
rientra.
BORSA
(indicando Gilda al
Coro):
È là.
CEPRANO:
Miratela...
CORO:
Oh quanto è bella!
MARULLO:
Par fata od angiol.
CORO:
L'amante è quella
Di Rigoletto!
SCENA XV
Detti e Rigoletto
concentrato.
RIGOLETTO:
(Riedo!... perché?)
BORSA:
Silenzio... all'opra...
badate a me.
RIGOLETTO:
(Ah da quel vecchio fui
maledetto!)
(Urta in Borsa)
Chi è là?
BORSA:
(ai compagni)
Tacete... c'è Rigoletto.
CEPRANO:
Vittoria doppia!...
l'uccideremo...
BORSA:
No, ché domani più
rideremo...
MARULLO:
Or tutto aggiusto...
RIGOLETTO:
(Chi parla qua?)
MARULLO:
Ehi Rigoletto?... Di'?
RIGOLETTO
(con voce terribile):
(Chi va là)
MARULLO:
Eh non mangiarci!... Son...
RIGOLETTO:
Chi?
MARULLO:
Marullo.
RIGOLETTO:
In tanto bujo lo sguardo è
nullo.
MARULLO:
Qui ne condusse ridevol
cosa...
Torre a Ceprano vogliam la
sposa.
RIGOLETTO:
(Ohimè respiro!..)
Ma come entrare?
MARULLO
(piano a Ceprano):
La vostra chiave?
(A Rigoletto)
Non dubitare
Non dee mancarci lo
stratagemma..
(Gli dà la chiave avuta
da Ceprano)
Ecco le chiavi...
RIGOLETTO:
Sento il tuo stemma.
(Palpandole)
(Ah terror vano fu
dunque il mio!)
(Respirando)
N'è là il palazzo... con
voi son 'io.
MARULLO:
Siam mascherati...
RIGOLETTO:
Ch'io pur mi mascheri
A me una larva?
MARULLO:
Sì, pronta è già.
Terrai la scala...
(Gli mette una maschera,
e nello stesso tempo
lo benda con un fazzoletto,
e lo pone a reggere una
scala,
che avranno appostata al
terrazzo)
RIGOLETTO:
Fitta è la tenebra...
MARULLO:
(ai compagni):
La benda cieco e sordo
il fa.
TUTTI:
Zitti, zitti moviamo a
vendetta,
Ne sia colto or che meno
l'aspetta.
Derisore sì audace costante
A sua volta schernito
sarà!...
Cheti, cheti, rubiamgli
l'amante,
E la corte doman riderà.
(Alcuni salgono al
terrazzo, rompon la porta
del primo piano,
scendono, aprono ad altri
ch'entrano dalla strada,
e riescono, trascinando
Gilda,
la quale avrà la bocca
chiusa da un fazzoletto.
Nel traversare la scena,
ella perde una sciarpa)
GILDA
(da lontano):
Soccorso, padre mio...
CORO:
Vittoria!...
GILDA:
Aita!
(Più lontano)
RIGOLETTO:
Non han finito ancor!...
qual derisione!...
(Si tocca gli occhi)
Sono bendato!...
(Si strappa
impetuosamente la benda e la
maschera,
ed al chiarore d'una
lanterna scordata
riconosce la sciarpa, vede
la porta aperta,
entra, ne trae Giovanna
spaventata:
la fissa con istupore,
si strappa i capelli senza
poter gridare;
finalmente, dopo molti
sforzi esclama:
Ah!... la maledizione!!
(sviene)
Atto II
Atto I
Atto II
Atto III
SCENA I
Salotto nel palazzo ducale.
Vi sono due porte laterali,
una maggiore nel fondo che
si chiude.
Al suoi lati pendono i
ritratti, in tutta figura, a
sinistra del Duca,
a destra della sua sposa.
V'ha un seggiolone presso
una tavola coperta di
velluto e altri mobili
(Entra il Duca agitatissimo)
DUCA:
Ella mi fu rapita!
E quando, o ciel... ne'brevi
istanti, prima
che il mio presagio interno
sull'orma corsa ancora mi
spingesse!
Schiuso era l'uscio!... e la
magion deserta!
E dove ora sarà quell'angiol
caro?...
colei che prima potè in
questo core
destar la fiamma di costanti
affetti?...
colei sì pura, al cui
modesto sguardo
quasi spinto a virtù talor
mi credo!...
Ella mi fu rapita!
E chi l'ardiva?... Ma ne
avrò vendetta
lo chiede il pianto della
mia diletta.
Parmi veder le lagrime
scorrenti da quel ciglio,
quando fra il dubbio e
l'ansia
del subito periglio,
dell'amor nostro memore,
Il suo Gualtier chiamò.
Ned ei potea soccorrerti,
cara fanciulla amata,
ei che vorria coll'anima
farti quaggiù beata;
ei che le sfere agli angeli,
per te non invidiò.
(entrano frettolosi i
cortigiani)
SCENA II
Marullo, Ceprano, Borsa ed
altri Cortigiani
BORSA, MARULLO, CEPRANO:
Duca, duca?
DUCA:
Ebben?
BORSA, MARULLO, CEPRANO:
L'amante fu rapita a
Rigoletto.
DUCA:
Come? e donde?
BORSA, MARULLO, CEPRANO:
Dal suo tetto.
DUCA:
Ah, ah! dite, come fu?
(siede)
BORSA, MARULLO, CEPRANO:
Scorrendo uniti remota via,
brev'ora dopo caduto il dì,
come previsto ben s'era in
pria,
rara beltà ci si scoprì.
Era l'amante di Rigoletto,
che, vista appena, si
dileguò.
Già di rapirla s'avea il
progetto,
quando il buffone vêr noi
spuntò;
che di Ceprano noi la
contessa
rapir volessimo, stolto
credé;
la scala, quindi, all'uopo
messa,
bendato, ei stesso ferma
tenè.
Salimmo, e rapidi la
giovinetta
a noi riusciva quindi
asportar.
Quand'ei s'accorse della
vendetta
restò scornato ad imprecar,
ad imprecar.
DUCA:
(da sè)
(Cielo! è dessa!..la mia
diletta!)
(al coro)
Ma dove or trovasi la
poveretta?
BORSA, MARULLO, CEPRANO:
Fu da noi stessi addotta or
qui.
DUCA:
(da sè)
(Ah, tutto il ciel non
mi rapì!)
(da sè, alzandosi con
gioia)
(Possente amor mi
chiama,
volar io deggio a lei;
il serto mio darei
per consolar quel cor.
Ah! sappia alfin chi l'ama,
conosca alfin chi sono,
apprenda ch'anco in trono
ha degli schiavi Amor)
(Esce frettoloso dal
mezzo)
BORSA, MARULLO, CEPRANO:
Oh qual pensier or l'agita,
come cangiò d'umor!)
SCENA III
Marullo, Ceprano, Borsa,
altri Cortigiani, poi
Rigoletto
MARULLO:
Povero Rigoletto!
RIGOLETTO:
(entro la scena)
La rà, la rà, la la, la
rà, la rà, la rà, la rà la
rà, la la, la rà, la rà.
TUTTI:
Ei vien! Silenzio.
(Rigoletto entra la scena
affettando indifferenza)
BORSA, MARULLO, CEPRANO:
Oh buon giorno, Rigoletto...
RIGOLETTO:
(Han tutti fatto il colpo!)
CEPRANO:
Ch'hai di nuovo, buffon?..
RIGOLETTO:
(contraffacendo Ceprano)
Ch'hai di nuovo,
buffon?..
Che dell'usato più nojoso
voi siete.
BORSA, MARULLO, CEPRANO:
(ridendo)
Ah! ah! ah!
RIGOLETTO:
(aggirandosi per la
scena)
La rà, la rà, la la la
rà, la rà, la rà, la rà.
(spiando inquieto
dovunque)
(Ove l'avran nascosta?)
BORSA, MARULLO, CEPRANO:
Guardate com'è inquieto!
RIGOLETTO:
La rà, la rà, la rà, la rà,
la rà, la rà, la rà, la rà,
la rà, la rà, la rà.
BORSA, MARULLO, CEPRANO:
Sì! sì! guardate com'è
inquieto!
RIGOLETTO:
(a Marullo)
Son felice
che nulla a voi nuocesse
l'aria di questa notte.
MARULLO:
Questa notte!..
RIGOLETTO:
Sì... Oh fu il bel colpo!..
MARULLO:
S'ho dormito sempre!
RIGOLETTO:
Ah, voi dormiste!.. Avrò
dunque sognato!..
(S'allontana
cantarellando,
e visto un fazzoletto lo
afferra)
La rà, la rà, la la, la
rà, la rà, la rà, la la.
BORSA, MARULLO, CEPRANO:
(Ve', come tutto osserva!)
RIGOLETTO:
(gettando il fazzoletto)
Non è il suo. Dorme il
Duca tuttor?
BORSA, MARULLO, CEPRANO:
Sì, dorme ancora.
SCENA IV
Detti e un Paggio della
Duchessa
PAGGIO:
Al suo sposo parlar vuol la
Duchessa.
CEPRANO:
Dorme.
PAGGIO:
Qui or or con voi non era?..
BORSA:
È a caccia...
PAGGIO:
Senza paggi!.. senz'armi!..
BORSA, MARULLO, CEPRANO:
E non capisci
che per ora vedere non può
alcuno?..
RIGOLETTO:
(che a parte è stato
attentissimo al dialogo,
balzando improvviso tra loro
prorompe)
Ah! ella è qui dunque!..
Ella è col Duca!..
BORSA, MARULLO, CEPRANO:
Chi?
RIGOLETTO:
La giovin che sta notte al
mio tetto rapiste...
Ma la saprò riprender...
Ella è la...
BORSA, MARULLO, CEPRANO:
Se l'amante perdesti, la
ricerca altrove.
RIGOLETTO:
Io vo' mia figlia...
BORSA, MARULLO, CEPRANO:
La sua figlia!..
RIGOLETTO:
Sì... la mia figlia... D'una
tal vittoria...
che?.. adesso non ridete?..
(corre verso la porta,
ma i cortigiani gli
attraversano il passaggio)
Ella è la!.. la vogl'io...
la rendete.
Cortigiani, vil razza
dannata,
per qual prezzo vendeste il
mio bene?
A voi nulla per l'oro
sconviene!..
ma mia figlia è impagabil
tesor.
La rendete... o se pur
disarmata,
questa man per voi fora
cruenta;
nulla in terra più l'uomo
paventa,
se dei figli difende l'onor.
(si getta ancora sulla
porta
che gli è nuovamente
contesa)
Quella porta, assassini,
assassini, m'aprite,
la porta, la porta,
assassini, m'aprite.
(lotta alquanto coi
cortigiani,
poi torna spossato sul
davanti della scena)
Ah! voi tutti a me
contro venite!..
(piange)
tutti contra me!.. Ah!..
Ebben, piango... Marullo...
signore,
tu ch'hai l'alma gentil come
il core,
dimmi tu dove l'hanno
nascosta?..
È là? non è vero? ... tu
taci!.. ohimè!
(piange)
Miei signori.. perdono,
pietate...
al vegliardo la figlia
ridate...
ridonarla a voi nulla ora
costa,
tutto al mondo è tal figlia
per me.
SCENA V
Detti e Gilda ch'esce dalla
stanza a sinistra
e si getta nelle braccia del
padre
GILDA:
Mio padre!
RIGOLETTO:
Dio! mia Gilda!..
Signori... in essa... è
tutta la mia famiglia...
Non temer più nulla, angelo
mio...
(ai Cortigiani)
fu scherzo!.. non è
vero? Io che pur piansi
orrido...
(a Gilda)
E tu a che piangi?..
GILDA:
Ah l'onta, padre mio...
RIGOLETTO:
Cielo! Che dici?
GILDA:
Arrosir voglio innanzi a voi
soltanto...
RIGOLETTO:
(rivolto al Cortigiani
con imperioso modo)
Ite di qua, voi tutti...
Se il duca vostro
d'appressarsi osasse,
ch'ei non entri, gli dite, e
ch'io ci sono.
(si abbandona sul
seggiolone)
BORSA, MARULLO, CEPRANO:
(tra loro)
Coi fanciulli e
co'dementi
spesso giova il simular.
Partiam pur, ma quel ch'ei
tenti
non lasciamo d'osservar.
(partono)
SCENA VI
Rigoletto e Gilda
RIGOLETTO:
Parla... siam soli...
GILDA:
(Ciel dammi coraggio!)
Tutte le feste al tempio
mentre pregava Iddio,
bella e fatale un giovine
offriasi al guardo mio...
se i labbri nostri tacquero,
dagl'occhi il cor, il cor
parlò.
Furtivo fra le tenebre
sol ieri a me giungeva...
Sono studente, povero,
commosso mi diceva,
e con ardente palpito
amor mi protestò.
Partì... il mio core
aprivasi
a speme più gradita,
quando improvvisi apparvero
color che m'han rapita,
e a forza qui m'addussero
nell'ansia più crudel.
RIGOLETTO:
Ah!
(da sè)
(Solo per me l'infamia
a te chiedeva, o Dio...
ch'ella potesse ascendere
quanto caduto er'io...
Ah presso del patibolo
bisogna ben l'altare!..
ma tutto ora scompare...
l'altare... si rovesciò!)
(a Gilda)
Piangi! piangi
fanciulla, fanciulla
piangi...
scorrer, scorrer fa il
pianto sul mio cor.
GILDA:
Padre, in voi parla un angel
per me consolator.
RIGOLETTO:
Compiuto pur quanto a fare
mi resta...
lasciare potremo quest'aura
funesta.
GILDA:
Sì
RIGOLETTO:
(da sè)
(E tutto un sol giorno
cangiare potè)
SCENA VII
Detti, un usciere e il Conte
di Monterone
che attraversa la scena fra
gli alabardieri
USCIERE:
(alle guardie)
Schiudete... ire al
carcere Monteron dee.
MONTERONE:
(fermandosi verso il
ritratto del Duca)
Poichè fosti invano da
me maledetto,
nè un fulmine o un ferro
colpiva il tuo petto,
felice pur anco, o duca,
vivrai!...
(esce fra le guardie dal
mezzo)
RIGOLETTO:
No, vecchio t'inganni... un
vindice avrai!
SCENA VIII
Rigoletto e Gilda
RIGOLETTO:
(con impeto volto al
ritratto)
Sì, vendetta, tremenda
vendetta
di quest'anima è solo
desio...
di punirti già l'ora
saffretta,
che fatale per te tuonerà.
Come fulmin scagliato da
Dio,
te colpire il buffone saprà.
GILDA:
O mio padre, qual gioja
feroce
balenarvi ne gl'occhi
vegg'io!..
Perdonate, a noi pure una
voce
di perdono dal cielo verrà,
(Mi tradiva, pur l'amo, gran
Dio!
per l'ingrato ti chiedo
pietà!)
(escono dal mezzo)
Atto III
Atto I
Atto II
Atto III
SCENA I
Deserta sponda del Mincio.
A sinistra è una casa a due
piani, mezzo diroccata,
la cui fronte, volta allo
spettatore,
lascia vedere per una grande
arcata l'interno
d'una rustica osteria al
pian terreno,
ed una rozza scala che mette
al granaio, entro cui,
da un balcone senza imposte,
si vede un lettuccio.
Nella facciata che guarda la
strada
è una porta che s'apre per
dietro;
il muro poi è sì pieno di
fessure
che dal di fuori si può
facilmente scorgere
quanto avviene nell'interno.
Il resto del teatro
rappresenta la destra parte
del Mincio,
che nel fondo scorre dietro
un parapetto in mezza ruina;
al di là del fiume è
Mantova. È notte.
Gilda e Rigoletto, inquieto,
sono sulla strada.
Sparafucile nell'interno
dell'osteria, seduto sopra
una tavola,
sta ripulendo il suo
cinturone senza nulla
intendere
di quanto accade al di
fuori.
RIGOLETTO:
E l'ami?
GILDA:
Sempre.
RIGOLETTO:
Pure
tempo a guarirne t'ho
lasciato.
GILDA:
Io l'amo.
RIGOLETTO:
Povero cor di donna!.. Ah il
vile infame!..
Ma ne avrai vendetta, o
Gilda...
GILDA:
Pietà, mio padre...
RIGOLETTO:
E se tu certa fossi
ch'ei ti tradisse,
l'ameresti ancora?
GILDA:
Nol so... ma pur m'adora.
RIGOLETTO:
Egli!
GILDA:
Sì.
RIGOLETTO:
(la conduce presso una
delle fessure del muro,
ed ella vi guarda)
Ebben, osserva dunque.
GILDA:
Un uomo vedo.
RIGOLETTO:
Per poco attendi.
SCENA II
Detti e il Duca, che, in
assisa di semplice ufficiale
di cavalleria,
entra nella sala terrena per
una porta a sinistra.
GILDA:
(trasalendo)
Ah padre mio!
DUCA:
(a Sparafucile)
Due cose, e tosto...
SPARAFUCILE:
Quali?
DUCA:
Una stanza e del vino...
RIGOLETTO:
Son questi i suoi costumi!
SPARAFUCILE:
Oh il bel zerbino!
(entra nell'interno)
DUCA:
La donna è mobile
qual piuma al vento,
muta d'accento e di
pensiero.
Sempre un amabile
leggiadro viso,
in pianto o in riso, è
menzognero.
È sempre misero
chi a lei s'affida,
chi le confida mal cauto il
core!
Pur mai non sentesi
felice appieno
chi su quel seno non liba
amore!
(Sparafucile rientra con
una bottiglia di vino e due
bicchieri
che depone sulla tavola,
quindi batte col pomo della
sua lunga spada
due colpi al soffitto. A
quel segnale una ridente
giovane,
in costume di zingara,
scende a salti la scala.
Il Duca corre per
abbracciarla, ma ella gli
sfugge.
Frattanto Sparafucile,
uscito sulla via, dice a
parte a Rigoletto)
SPARAFUCILE:
È là il vostr'uomo... viver
dee o morire?
RIGOLETTO:
Più tardi tornerò l'opra a
compire.
(Sparafucile si allontana
dietro la casa lungo il
fiume)
SCENA III
Gilda e Rigoletto sulla via,
il Duca
e Maddalena nel piano
terreno
DUCA:
Un dì, si ben rammentomi,
o bella, t'incontrai...
mi piacque di te chiedere,
e intesi che qui stai.
Or sappi, che d'allora
sol te quest'alma adora.
GILDA:
Iniquo!...
MADDALENA:
Ah, ah!... e vent'altre
appresso
le scorda forse a desso?
Ha un'aria il signorino da
vero libertino...
DUCA:
Sì... un mostro son...
(per abbracciarla)
GILDA:
Ah padre mio!...
MADDALENA:
Lasciatemi, stordito.
DUCA:
Ih, che fracasso!
MADDALENA:
Stia saggio.
DUCA:
E tu sii docile,
non farmi tanto chiasso.
Ogni saggezza chiudesi
nel gaudio e nell'amore...
(le prende la mano)
La bella mano
candida!...
MADDALENA:
Scherzate voi, signore.
DUCA:
No, no.
MADDALENA:
Son brutta.
DUCA:
Abbracciami.
GILDA:
Iniquo!
MADDALENA:
Ebro!...
DUCA:
(ridendo)
D'amor ardente.
MADDALENA:
Signor l'indifferente,
vi piace canzonar?
DUCA:
No, no, ti vo'sposar.
MADDALENA:
Ne voglio la parola...
DUCA:
Amabile figliuola!
RIGOLETTO:
(a Gilda che avrà tutto
osservato ed inteso)
E non ti basta ancor?
GILDA:
Iniquo traditor!
DUCA:
Bella figlia dell'amore,
schiavo son de'vezzi tuoi;
con un detto sol tu puoi
le mie pene consolar.
Vieni e senti del mio core
il frequente palpitar.
Con un detto sol tu puoi
le mie pene consolar.
MADDALENA:
Ah! ah! rido ben di core,
chè tai baje costan poco,
quanto valga il vostro
gioco,
mel credete so apprezzar.
Sono avvezza, bel signore
Ad un simile scherzar.
GILDA:
Ah così parlar d'amore
a me pur l'infame ho udito!
Infelice cor tradito,
per angoscia non scoppiar,
Perché o credulo mio core,
un tal uomo dovevi amar!
RIGOLETTO:
(a Gilda)
Taci, il piangere non
vale;
Ch'ei mentiva or sei
sicura...
Taci, e mia sarà la cura
la vendetta d'affrettar.
Pronta fia sarà fatale,
io saprollo fulminar.
RIGOLETTO:
M'odì!... ritorna a casa...
oro prendi, un destriero,
una veste viril che
t'apprestai,
e per Verona parti...
Sarovvi io pur doman...
GILDA:
Or venite...
RIGOLETTO:
Impossibil.
GILDA:
Tremo.
RIGOLETTO:
Va!
(Il Duca e Maddalena
stanno fra loro parlando,
ridendo e bevendo. Rigoletto
va dietro la casa,
e ritorna con Sparafucile,
contandogli delle monete)
SCENA IV
Sparafucile, Rigoletto, il
Duca e Maddalena
RIGOLETTO:
Venti scudi hai tu detto?...
Eccone dieci;
e dopo l'opra il resto.
Ei qui rimane?
SPARAFUCILE:
Sì.
RIGOLETTO:
Alla mezzanotte ritornerò.
SPARAFUCILE:
Non cale.
A gettarlo nel fiume basto
io solo.
RIGOLETTO:
No, no, il vo' far io
stesso.
SPARAFUCILE:
Sia!... Il suo nome?
RIGOLETTO:
Vuoi saper anche il mio?
Egli è Delitto, Punizion son
io.
(Parte. Entro le scene si
vedrà un lampo)
SCENA V
Detti meno Rigoletto
SPARAFUCILE:
La tempesta è vicina!...
più scura fia la notte.
DUCA:
(per prenderla)
Maddalena...
MADDALENA:
(sfuggendogli)
Aspettate... mio
fratello
viene...
DUCA:
Che importa?
MADDALENA:
Tuona!
SPARAFUCILE:
(entrando in casa)
E pioverà fra poco.
DUCA:
Tanto meglio!
(a Sparafucile)
Tu dormerai in
scuderia...
all'inferno... ove vorrai.
SPARAFUCILE:
Oh, grazie.
MADDALENA:
(piano al Duca)
Ah, no, partite.
DUCA:
(a Maddalena)
Con tal tempo?
SPARAFUCILE:
(piano a Maddalena)
Son venti scudi d'oro.
(al Duca)
Ben felice d'offrirvi la
mia stanza...
se a voi piace tosto a
vederla andiamo.
(prende un lume e s'avvia
per la scala)
DUCA:
Ebben! sono con te...
presto... vediamo.
(dice una parola
all'orecchio di Maddalena
e segue Sparafucile)
MADDALENA:
Povero giovin!.. grazioso
tanto!
Dio, qual notte è questa!
DUCA:
(sul granaio)
Si dorme all'aria
aperta? bene, bene!..
Buona notte.
SPARAFUCILE:
Signor, vi guardi Iddio.
(il Duca depone la spada
e il cappello)
DUCA:
Breve sonno dormiam...
stanco son io.
(Depone il cappello, la
spada e si stende
sul letto, dove in breve
addormentasi.
Maddalena frattanto siede
presso la tavola,
Sparafucile beve della
bottiglia lasciata dal Duca.
Rimangono ambidue taciturni
per qualche istante,
e preoccupati da gravi
pensieri)
MADDALENA:
È amabile in vero cotal
giovinotto!
SPARAFUCILE:
Oh sì, venti scudi ne dà di
prodotto.
MADDALENA:
Sol venti?.. son pochi!..
valeva di più.
SPARAFUCILE:
La spada, s'ei dorme, va...
portami giù.
MADDALENA:
(Sale al granaio e
contemplando il dormente)
Peccato è pur bello!
(Ripara alla meglio il
balcone e scende).
SCENA VI
Detti e Gilda, che
comparisce nel fondo della
via in costume virile,
con stivali e speroni, e
lentamente si avanza verso
l'osteria,
mentre Sparafucile continua
a bere. Spessi lampi e
tuoni.
GILDA:
Ah, più non ragiono!..
Amor mi trascina!.. mio
padre, perdono...
Qual notte d'orrore!.. Gran
Dio, che accadrà!
MADDALENA:
(sarà discesa ed avrà
posata la spada del Duca
sulla tavola)
Fratello?..
GILDA:
Chi parla?..
(osserva per la fessura)
SPARAFUCILE:
Al diavol ten va...
MADDALENA:
Somiglia un Apollo quel
giovine... io l'amo...
ei m'ama...riposi... nè più
l'uccidiamo.
GILDA:
(ascoltando)
Oh cielo!
SPARAFUCILE:
(gettandole un sacco)
Rattoppa quel sacco...
MADDALENA:
Perchè?
SPARAFUCILE:
Entr'esso il tuo Apollo,
sgozzato da me,
gettar dovrò al fiume...
GILDA:
L'inferno qui vedo!
MADDALENA:
Eppure il danaro salvarti
scommetto,
serbandolo in vita.
SPARAFUCILE:
Difficile il credo.
MADDALENA:
M'ascolta... anzi facil ti
svelo un progetto.
De'scudi già dieci dal gobbo
ne avesti;
venire cogl'altri più tardi
il vedrai...
Uccidilo e, venti allora ne
avrai,
Così tutto il prezzo goder
si potrà.
GILDA:
Che sento! mio padre!
SPARAFUCILE:
Uccider quel gobbo!... che
diavol dicesti!
Un ladro son forse?... Son
forse un bandito?...
Qual altro cliente da me fu
tradito?...
Mi paga quest'uomo... fedele
m'avrà
MADDALENA:
Ah, grazia per esso.
SPARAFUCILE:
È duopo ch'ei muoja...
MADDALENA:
(va per salire)
Fuggire il dovrò…
SPARAFUCILE:
Ancor c'è mezz'ora...
MADDALENA:
(piangendo)
Attendi, fratello...
GILDA:
Che! piange tal donna!.. N'è
a lui darò aita!..
Ah, s'egli al mio amore
divenne rubello,
io vo'per la sua gettar la
mia vita...
(scoppio di fulmine,
lampo, e tuono;
colpi di battente Gilda
batte alla porta)
MADDALENA:
Si picchia?
SPARAFUCILE:
Fu il vento...
(Gilda batte ancora)
MADDALENA:
Si picchia, ti dico.
SPARAFUCILE:
È strano!.. Chi è?
GILDA:
Pietà d'un mendico;
asil per la notte a lui
concedete.
MADDALENA:
Fia lunga tal notte!
SPARAFUCILE:
(va a cercare nel
credenzone)
Alquanto attendete.
MADDALENA:
Su, spicciati. presto, fa
l'opra compita
anelo una vita con altra
salvar.
SPARAFUCILE:
Ebbene... son pronto,
quell'uscio dischiudi;
più ch'altro gli scudi
mi preme salvar.
GILDA:
Ah! presso alla morte, sì
giovine, sono!
Oh ciel, per gl'empi ti
chieggo perdono!
Perdona tu, o padre, questa
infelice! ...
Sia l'uomo felice - ch'or
vado a salvar.
MADDALENA:
Su spicciati, presto fa
l'opra compita
Anelo una vita - con l'altra
salvar.
SPARAFUCILE:
Bene.. son pronto
quell'uscio dischiudi;
più ch'altro gli scudi
mi preme salvar;
(fulmine, lampo, e tuono
Gilda picchia di nuovo.
Sparafucile va a postarsi
con un pugnale dietro la
porta;
Maddalena apre, poi corre a
chiudere la grande arcata di
fronte,
mentre entra Gilda, dietro a
cui Sparafucile chiude la
porta,
e tutto resta sepolto nel
silenzio e nel bujo)
SCENA VII
Rigoletto solo si avanza dal
fondo della scena
chiuso nel suo mantello.
La violenza del temporale è
diminuita,
nè più si vede e sente che
qualche lampo e tuono
Rigoletto
RIGOLETTO:
Della vendetta alfin giunge
l'istante!
da trenta dì l'aspetto
di vivo sangue a lagrime
piangendo,
sotto la larva del buffon...
(esaminando la casa)
Quest'uscio è chiuso!..
Ah, non è tempo ancor!..
S'attenda.
Qual notte di mistero!
una tempesta in cielo!..
in terra un omicidio!..
Oh come in vero qui grande
mi sento!..
(L'orologio suona
mezzanotte)
Mezza notte!..
(batte alla porta)
SCENA VIII
Detto e Sparafucile dalla
casa
SPARAFUCILE:
Chi è là?
RIGOLETTO:
Son io...
SPARAFUCILE:
Sostate.
(rientra e torna
trascinando un sacco)
è qua spento il
vostr'uomo!..
RIGOLETTO:
Oh gioja!.. Un lume!..
SPARAFUCILE:
Un lume?.. No, il danaro.
Lesti, all'onda il
gettiam...
RIGOLETTO:
(gli dà una borsa)
No... basto io solo.
SPARAFUCILE:
Come vi piace... Qui men
atto è il sito...
più avanti è più profondo il
gorgo... Presto,
che alcun non vi
sorprenda... Buona notte.
(rientra in casa)
SCENA IX
Rigoletto, poi il Duca a
tempo
RIGOLETTO:
Egli è là!.. morto!.. oh
sì!.. vorrei vederlo!
ma che importa!.. è ben
desso!.. Ecco i suoi
sproni!..
Ora mi guarda, o mondo!..
Quest'è un buffone, ed un
potente è questo!
Ei sta sotto i miei piedi!..
è desso! oh gioja!..
è giunta alfine la tua
vendetta, o duolo!..
Sia l'onda a lui sepolcro,
un sacco il suo lenzuolo!..
All'onda! all'onda!
(fa per trascinare il
sacco verso la sponda,
quando è sorpreso dalla
lontana voce del Duca,
che nel fondo attraversa la
scena)
RIGOLETTO:
Qual voce!.. illusion
notturna è questa!..
(traselando)
No, no!..egli è
desso!..Maledizione!
(verso la casa)
Olà... dimon bandito?..
Chi è mai, chi è qui in sua
vece?..
(taglia il sacco)
Io tremo... è umano
corpo!..
(lampeggia)
SCENA ULTIMA
Rigoletto e Gilda
Mia figlia!.. Dio!.. mia
figlia!..
Ah, no!.. è impossibil!..
per Verona è in via!..
Fu vision!.. è dessa!..
(inginocchiandosi)
Oh mia Gilda!..
fanciulla... a me
rispondi!..
l'assassino mi svela... Olà?
(picchia disperatamente
alla porta)
Nessuno!.. nessun!.. Mia
figlia?.. mia Gilda?.. oh
mia figlia?..
GILDA:
Chi mi chiama?
RIGOLETTO:
Ella parla!.. si move!.. è
viva!.. oh Dio!
Ah, mio ben solo in terra...
mi guarda, mi conosci...
GILDA:
Ah... padre mio!..
RIGOLETTO:
Qual mistero!.. che fu!..
sei tu ferita?.. dimmi...
GILDA:
L'acciar...
(indicando il core)
qui... qui mi piagò..
RIGOLETTO:
Chi t'ha colpita?..
GILDA:
V'ho l'ingannato...
colpevole fui...
l'amai troppo... ora muojo
per lui!..
RIGOLETTO:
(da sè)
(Dio tremendo! ella
stessa fu côlta
dallo stral di mia giusta
vendetta!)
(a Gilda)
Angiol caro, mi guarda,
m'ascolta...
parla, parlami, figlia
diletta!
GILDA:
Ah, ch'io taccia!.. a me...
a lui perdonate!..
benedite... alla figlia... o
mio padre..
lassù... in cielo, vicina
alla madre...
in eterno per voi ...
pregherò.
RIGOLETTO:
Non morir... mio tesoro,
pietade...
se t'involi qui sol
rimarrei...
non morire, o qui teco
morrò!..
GILDA:
Non più... A lui...
perdonate...
mio padre... Ad... dio!
(Muore)
RIGOLETTO:
Gilda! mia Gilda! è morta!..
Ah! la maledizione!!
(Strappandosi i capelli
cade sul cadavere della
figlia)
F I N E
Atto I
Atto II
Atto III