Palazzo Mazzatosta   Viterbo -  via dell'Orologio Vecchio, 34             <<  

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Il luogo degli "Incontri"

 

Il nucleo centrale dell'attuale edificio, malgrado gli " scarcamenti ", le ricostruzioni e i danni bellici dell'ultimo conflitto mondiale, conserva ancora tratti delle torri e delle caratteristiche dell'impianto iniziale, che risalgono al XI secolo.

Nasce quindi come fortezza.

Viene trasformato in residenza signorile dal Cardinale Raniero Capocci, che lo usa come seconda abitazione probabilmente nel 1240.

Nel 1247, viene diroccato ma non demolito completamente. Al rientro del Capocci a Viterbo viene dallo stesso Cardinale restaurato e trasformato.

Dopo la morte di Raniero, l'edificio, o meglio il " castellare " nell'interezza del suo complesso è destinato dai papi alla residenza dei tesorieri del Patrimonio.

Nel 1260 vi abitò anche quel Francesco Vico, morto per le ferite riportate nella battaglia di Benevento e che per salvare l'anima regalò proprietà al convento dei domenicani di Gradi.

Giovanni della famiglia Sacchi ne ha il possesso nel 1296, quale tesoriere di Bonifacio VIII.

Angelo Tavernini, odiato impositore fiscale ne prende possesso nel 1375, al tempo del ritorno da Avignone di Papa Urbano V.

I Mazzatosta, con Nardo, ampliarono ancora l'edificio, utilizzando gli spazi interni, riducendo quindi i cortili o " richiastri ".

Bartolomeo Mazzatosta tra il 1460 e il 1560 tesoriere di Papa Eugenio IV, fratello di Nardo abitò anche lui nel castellare.

Dal 1560 il palazzo risulta abitato nuovamente dalla Famiglia Sacchi, tanto che un Giacomo, medico fisico viterbese, ospitò nel 1560 Papa Pio IV, il quale colpito dalla fama e dall'esperienza di costui, lo lo nominò Archiatra Pontificio.

Negli stemmi, rimasti nell'edificio, si riconoscono quelli dei Sacchi, arme con due evidenti sacchi, quello a bande ondulate dei Caetani di Anagni della cui famiglia era Papa Bonifacio VIII; quello dei Capocci, con banda azzurra su fondo oro. Nessuna traccia dell'arme dei Mazzatosta: leone rampante che brandisce una mazza.

Alla fine del 1800, l'edificio, molto decaduto è della famiglia Cecchini. Dal catasto del 1901 risulta di

Paolo di Maria figlio di Settimio.

Anna figlia di Paolo, sposa nel 1930 l'avv. Mario Scappucci, fiorentino per caso, ma romano per le nobili origini, con la Torre della della Scimmia, che porta l'arme di famiglia, tre stelle in oro e  bande in argento in verticale.

Mario, Avvocato Generale dello Stato, provvede con attenzione al restauro, ritrovando tutti quei segni, gli stemmi e l'arco frontale del portico, che vanno a confermare le parole del Della Tuscia:

"Nardo abitava nella contrada San Simeone a piè di detta contrada nella quale sta uno caposcala con

palco il più bello e onorevole e un porticale in modo di loggia".

                                                                                                  

G. Cesare Capozzi Teti

 

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