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"Salviamo l' Arcionello - Un Parco per Viterbo" 1-2 Da
Via Genova alla Palanzana Seconda passeggiata-racconto all'Arcionello, Domenica 26 ottobre 2003 - altre notizie su TusciaWeb |
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PRIMA
STAZIONE - AL PARCHEGGIO
(Maria
Chiara) Ecco,
l'anonima via Genova, che corre sovrapposta al botro. Qui s'infogna oggi
l'Urcionio: sotto questi palazzi, prima che la strada dia di gomito e
s'inerpichi per via Belluno e oltre, recuperando altitudine. Qui
l'inesorabile cementoarmato della Speculazione si distrasse un momento
dalla sua marcia devastante, scordandosi poi - chissà perché - di
tornare a finire l'opera: così è rimasto il luogo-non luogo d'una
campagna rinselvatichita. Come la vigna di Renzo dopo due anni di
forzata latitanza: desolazione e degrado.
(Sara)
Frattoni
di rovi, terreni abbandonati e, quando piove,
l'Arcionello
tracima dai suoi argini
e
forma palude.
In
tutta la zona
ci
sono serpenti.
Negli
acquitrini, che si formano, ci sono
ranocchi
e zanzare,
che
di notte emigrano verso via Genova,
con
grande delizia degli abitanti.
Erbacce
di ogni genere
trovano
il terreno adatto
per
sviluppare:
vi
si trovano vitalbe e luppoli a macchione
e
una gran quantità di insetti e animali.
Di
notte, dicono,
anche
qualche cinghiale ci fa visita,
per
trovare da mangiare
o
rotolarsi nel fango.
(Antonello)
Una foto aerea del
1962. Immaginiamo. Lo sviluppo delle periferie, nonostante i terreni
edificati siano una superficie per ora limitata, ha già preso la sua
piega irreversibile: tutti i nodi di viabilità a ridosso della
circonvallazione, per esempio, sono compromessi. Il Piano Regolatore
Generale - redatto, tra l'altro, da quell'ingegner Smargiassi eletto
sindaco Dc nella tornata del venticinque maggio 1956 - pronto dal
quattro aprile dello stesso anno, otteneva il sì ministeriale solo tre
primavere dopo: un interregno dagli effetti devastanti.
I
Cappuccini hanno ancora una definizione assai parziale: ai confini con
la campagna - a dominare la forra preurbana dell'Urcionio, detta
Arcionello - le loro strade si perdono fra vigne e oliveti poderi ville
limiti e sentieri. Sapendo ciò la che zona subirà in meno di tre
lustri (oggi questo quartiere si trova a sua volta chiuso dalle
periferie d'una intera nuova città), incuriosisce soprattutto un dato:
ad accenni di pianificazione squadrata, di simmetria viaria, si
giustappongono, sommano, sostituiscono adattamenti di lotti in ogni
nicchia, su ogni rilievo del terreno.
Di
qui a poco tempo, l'espansione palazzinara, selvaggia e soffocante,
sfrutterà ogni mq utile, arrampicando case, accalcandole su acrocori e
piagge - i più esigui - fuggendo solo l'umido, nebbioso e un po' fetido
botro del fosso viterbese; facendo carta straccia del Prg, si
ritaglieranno palazzi - a forza - in spazi già saturi, scampoli di
cubature utilizzabili appena: come in una specie di medioevo impazzito.
Come
scriverà al prefetto il sindaco Arena, nei giorni dell'ispezione
Pascarella (Arena, un democristiano non un bolscevico…):
"Sommando
tutte le irregolarità non è esagerato affermare che, al momento della
mia elezione a Sindaco nel 1965, il Prg della città di Viterbo
non era ormai che una pura esercitazione accademica, non
utilizzabile per una ordinata crescita della città"! Un atto d'accusa gravissimo, dal cuore del Palazzo. |
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SECONDA
STAZIONE - PRESSO IL PRIMO PONTE
In
questa Stazione, le parti di Maurizio e Massimiliano saranno lette. Come
proclami, come bandi. Le parole gridate dal popolo, evidenziate in
grassetto, saranno gridate da più voci dislocate sopra sotto intorno al
ponte.
Olindo,
Maria Chiara, Livia (aiutati da Massimiliano)
Primo
intervento naturalistico
(Antonello)
(Alcion fluentum) quod intèrfluit regiam Etruriam (… Fiume Alcione,
che attravarsa la capitale dell'Etruria…)… Si vede il fiumicello
Alcione, Arcione nomato corrottamente… Anche a trasandar gli altri di
minore importanza disseminati per il territorio, e quelli di cui non ci
venne dato assodare la postura, abbiamo certezza - già dal 766 d.C. -
di un vico, o paesello addimandato Foffiano,
appena ad un chilometro a NE del Castru
Biterbu. Esso sorgeva a piedi della contrada il Cuculo, sulla strada
vecchia della Quercia e di Bagnaia, presso il ponte sotto cui scorre il
fosso Luparo od Arcione, nel sito oggi chiamato Arcionello.
(Massimiliano)
Diploma,
con cui dall'Imperador Federico II fu assoluto il Popolo di Viterbo
dalla pretesa ribellione:
"E
in verità, questo vogliamo sia fatto palese, che mentre il Nostro
onnipossente Impero potrebbe schiacciare i sudditi infedeli colla mano
armata di flagelli, si piace invece col perdono rimenarli alla fede.
Maggiore indulgenza poi dobbiamo usare verso quelli, che, stornati da
Noi per la perfidia di pochi sediziosi, come prima possono scrollare il
giogo dell'illecito dominio, fanno ritorno al loro legittimo signore. In
virtù adunque del presente privilegio, sappiano i presenti ed i
posteri, che il Nostro fedele Comune di Viterbo, il quale, istigato da
taluni nequitosi cittadini, parve deviare per qualche tempo dalla sua
fedeltà, ma ora, ritrattosi dalla via dell'errore, e voltosi a più
retti consigli, si rese alla Nostra discrezione. Noi pertanto; non
immemori dell'antica devozione dei Viterbesi verso di Noi e
dell'Impero;, perdoniamo loro interamente e li assolviamo di tutti i
falli, bandi ed offese contro Noi e il Sacro Impero perpetrate,
nell'occasione della menzionata rivolta.
(Maurizio)
Il seguente dì dui
consuli menorno con loro il giudice del Commune, e andorno sino al ponte
di Foffiano, e mandorno dui messi in Palanzana che dovessero venire a
parlare con loro sino a detto ponte. Giàcobbo con tutti quelli di
Palanzana vennero a detto ponte e non passorno li confini, talché era
in mezzo il detto ponte tra loro. Messer Angelino con altri li disse: Che
volete da noi? Risposero: Volemo
il bene, la pace e quiete della nostra città: e parlavano assai
umilmente. Li consuli volevano veder la Bolla, ma loro risposero che la
volevano leggere presente tutto il popolo. Li consuli non vollero, perché
avevano paura che il popolo facesse rumore. Ma allora tutti gridorno: Pace
pace in popolo; e così fu fatto e in fine furno lasciati entrare
dentro la porta di Città. |
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PRIMA
COMPARSATA - NEL
Sara,
recitando, potrebbe accompagnare il gruppo alla parete delle antiche
cave.
(Sara)
L'aspetto
naturalistico è molto interessante e suggestivo; la presenza di pareti
verticali in peperino inserite nella folta vegetazione è la
testimonianza di antiche e non, attività estrattive legate
all'industria della pietra locale.
Il
territorio è in notevole stato di abbandono e degrado.
Anni
1995-1996. Prima proposta di intervento urbanistico in località
Arcionello.
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SECONDA
STAZIONE - AI PIEDI DELLE ANTICHE CAVE
Tutti
possono leggere.
(Michela)
Foffiano. È oggi
questo un nome sparito della topografia viterbese. In una delle mie
ultime gite a Viterbo ne ho fatto ricerca, ma nessuno sapeva dirmi ove
più fosse.
(Olindo)
Certo doveva essere
tra la Paranzana e Viterbo, e sopra un fosso, e tra i fossi sul più
cospicuo, poiché il ponte dovette essere bastantemente lungo per
separar d'uno spazio non minimo i due partiti nemici. A qualche ulterior
lume, trovava nella cronaca del Della Tuccia, all'anno 1469:
(Massimiliano)
"Erasi ordinato
edificar la chiesa grande della Madonna de La Quercia. Però furno
portate otto colonne di pietra et grandi, et altre pietre per tal
edifizio, quali furno levate da sassi grandissimi che stavano sotto al
ponte Poffiano a canto un casale detto il casale di Calcagnone".
(Livia)
Ora, ben ponderati
questo ed altri passi, tengo per fermo d'aver ritrovato il qui nominato
ponte, là dove il fosso d'Arcione attraversa la strada sotto i
cappuccini di san Paolo, accanto a certe antiche cave di peperino.
(Maurizio) Sia l'Orioli responsabile di questo assunto: ché noi, esperti dell'occhio geloso e delle tendenze battagliere degli eruditi da campanile, ce ne laviamo le mani. Non crediamo d'altra parte che la storia possa vantaggiarsi troppo di tali minute disquisizioni.
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Secondo
intervento naturalistico
(Maria
Chiara). È
un passeggere il feto. La puntuale impressione d'essere, pure
individualmente, nato tra queste cosce di tufi aspri e muschiati, tra
queste gromme, tra queste alte rupi, e quercioli e ulivi sulle sponde...
e le onde, dabbasso. Tappeti di fogliame. Atterro tra queste scogliere
di nuda lava, levigate nel tempo dall'opra d'una cava.
Maria
Chiara parte e dà l'abbrivo al gruppo.
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