Ireneo MELARAGNI   artista                                                                                    << 1-2 >>

 

Da: Maremme in leggio

Sito.

 

Dove si narra ciò che accade all'autotrasportatore di Valentano - pittore per diletto - Melaragni Ireneo di fu Orizeo pastore: quando, come quel personaggio dei sogni di Akira Kurosawa, si trovò a precipitare in una pittura.

 

     Ricordo e non ricordo. Sospesa, Valentano, vertiginosa e dolce, sul dorso della pèntima volsinia. Tesa ad arco tra fredde azzurrità del lago e maremme calde, vaporose  -  laggiù laggiù -  indefinite e france, ad orli, scaglie di mare rame.

 

Accadrà forse perché - nell'aria netta e trasparente, quel mattino-  si scorderà di chiudere lo studio. O perché la sera prima, riposti pennelli spugne stracci, più stanco del     solito, assonnato, si sarà contentato del sapone per le mani, senza tirare fuori l'acquaragia.

     La pelle d'un pittore è la sua terra, e viceversa. Così almeno la pensa Ireneo Melaragni. E dopo una notte quelle mani ( perché no.? ) avranno ricordato. Preso vita, forza propria, da quei residui: grumi in croste chiazze.

    Lui le avrà viste, certo, ancora così sporche: stropicciandole sugli occhi al suono della sveglia; portandole alla bocca per il primo caffè della giornata. Avrà graffiato via, distratto, i punti più viscosi, fastidiosi - lasciando per un attimo il volante all'incrocio, prima della discesa. Ma veramente non se ne sarà dato troppa cura. Come sempre.

    Accadrà dunque per uno di questi - o per altri più misteriosi - moti  universali. Smottamenti della materia, di linee e di paesaggi.

    Man non mi sorprenderà. No. Non più di tanto, quella telefonata ha ora di pranzo. Sapere che Ireneo correva con la solita furia; un'andatura modesta, di realtà, e senza vera fretta; giù lungo il nastro della Verentana, il balco panoramico, il collo rovesciato di vulcano, correva verso il lago... - sapere che Ireneo sarà sparito senza terminare le consegne. Dissolto in un punto, forando la pelle al mondo quotidiano, ad ogni fare meccanico. Precipitato nei cieli terrosi, negli impasti - sabbie colle acrilici - della sua pittura. Assunto sotto quella volta come una costellazione. In forma di pecora, cinghiale, forse bove. Come Orfeo con la sua lira, lui con il camion acceso - ha mezzo carico di nafta - e divisa d'ordinanza: tutta agip per blubenzina.

    Mentre i  clienti, i contadini dei poderi intorno, assorti a bocc aperta in quel prodigio, non vorranno crederci: aspetteranno ancora bestemmiando, o furiosi tempesteranno di squilli la sua segreteria. Invano. Ireneo punto lontano, vibratile. Sito per sempre. D'arte, d'amore.

 

   Conosco i tramonti d'agosto, quassù al Castello. Quel sole che non vuole più morire. E dopo avere combusto per mezzo pomeriggio il cotto delle arcate - la loggia farnesiana - e incendiato a oro i tufi del torrione ottagonale, piove sullo sbargo. Arancio e rosa antico, sui bianchi prospetti del convento e su quel giallorocca . Per lame  moribonde. Sempre più in alto, più tenui. Come per un incanto. Così, nell'aria di questo spiazzo, di questo spazio fatto d'aria, persiste - pure a buio fatto - un senso straordinario della luce.

                                                                                                                              

                                                                                                                              Antonello Ricci

Ireneo MELARAGNI vincitore del

IX Premio internazionale

di arti visive e plastiche Antonio Canova

Roma 23 giugno 10 luglio 2003  

 Per contattare l'artista: valentanopetroli@libero.it 

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